Le strutture storiche rappresentano un patrimonio culturale inestimabile, ma la loro conservazione richiede interventi tecnici che coniughino sensibilità architettonica, precisione ambientale e rispetto rigoroso dei materiali originali. Un aspetto cruciale è il controllo dei microclimi interni, ovvero la gestione attenta e non invasiva di temperatura, umidità relativa e concentrazione di CO₂, al fine di prevenire degrado termoigrometrico che compromette affreschi, legni, intonaci e murature. La sfida risiede nel bilanciare stabilità ambientale e integrità strutturale, evitando interventi invasivi che alterino l’autenticità e l’aspetto originario. Questo approfondimento, ispirato al tema del Tier 2 “controllo dei microclimi negli ambienti storici”, sviluppa un percorso operativo dettagliato, passo dopo passo, con metodologie scientifiche, esempi pratici e riferimenti tecnici aggiornati per professionisti del settore.
1. Diagnosi Microclimatica: Fondamento per un Intervento Tecnico Mirato
«Nulla di più pericoloso che ignorare le dinamiche interne di un edificio storico: i materiali antichi rispondono con lentezza e fragilità a variazioni ambientali impreviste.»
— *Linee guida Soprintendenza ai Beni Culturali, 2023*
La fase iniziale di diagnosi microclimatica è fondamentale per definire interventi efficaci e non invasivi. Il monitoraggio deve avvenire in situ, con sensori wireless a lunga durata posizionati strategicamente: zone ombreggiate, vicino aperture, intorno decorazioni sensibili come affreschi e affreschi, e punti critici di stratificazione termica rilevati tramite termografia aerea con drone dotato di sensori termici ad alta risoluzione.
I parametri chiave misurati sono:
– Temperatura (°C), con target 18–22 °C per preservare legni e intonaci;
– Umidità relativa (UR), mantenuta tra 45% e 55% per prevenire espansione/contrazione dei materiali;
– Pressione parziale di CO₂ (<1000 ppm), indicatore di ventilazione insufficiente;
– Velocità dell’aria (<0,1 m/s), per evitare correnti che danneggiano superfici fragili.
La distribuzione dei sensori deve rispettare criteri di stabilità: evitare zone soggette a correnti o radiazioni dirette, privilegiando ambienti interni con microclimi rappresentativi. I dati raccolti 24/7 permettono di identificare zone critiche, come ponti termici o zone di stratificazione termica, fondamentali per progettare interventi localizzati.
- Punti chiave sensori: zone ombreggiate (es. vicino muri estivi), intorno aperture, intorno affreschi, zone interne con variazioni termiche rilevate.
- Frequenza campionamento: dati continui 24h, con registrazione di eventi anomali (picchi di UR, variazioni rapide di T).
- Metodologia: integrazione di sensori cablati in nicchie nascoste e nodi wireless a basso consumo energetico, alimentati da batterie a lunga durata e retrodiffusi via LoRa per alimentazione minima.
Errori frequenti:
– Posizionamento prossimo a correnti d’aria o fonti di calore, che generano letture distorte;
– Assenza di calibrazione periodica, causando accumulo di errori di deriva;
– Ignorare la stratificazione termica interna, rilevante per il comportamento igrometrico stagionale.
La fase diagnostica non è solo raccolta dati, ma un’analisi contestuale: correlare le misurazioni con la tipologia costruttiva (massicci in pietra, intonaci a calce, legni esposti) permette di anticipare rischi specifici. Ad esempio, intonaci a calce idraulica modificata mostrano risposta igroscopica dinamica; un monitoraggio continuo ne rivela l’effettivo comportamento, evitando interventi standardizzati inadeguati.
2. Analisi Integrata: Dal Monitoraggio alla Modellazione Microclimatica
«Solo con la modellazione predittiva si può anticipare la risposta ambientale di un edificio storico, evitando interventi reattivi e costosi.»
— *Linee guida ISOLA 2022, Associazione Italiana Conservazione Edilizia
Dopo la diagnosi, si procede alla mappatura termoigrometrica avanzata tramite termografia aerea con drone termico, che identifica zone di stratificazione termica, ponti freddi e infiltrazioni invisibili. Questi dati vengono integrati con misurazioni puntuali in sonde disposte in punti chiave, creando una mappa 3D del microclima interno, essenziale per definire interventi localizzati.
La modellazione termoigrometrica, attraverso software specializzati (es. EnergyPlus, TRNSYS o software dedicati come COMFIE), simula il comportamento dinamico del volume storico in relazione a variabili esterne (temperatura esterna, radiazione solare, umidità stagionale). Questi modelli devono tener conto dell’inerzia termica dei massicci, che ritardano le oscillazioni interne rispetto all’esterno, creando un “filtro” naturale.
Un esempio pratico: in un palazzo rinascimentale fiorentino, la termografia notò zone di stratificazione termica accentuate in corridoi interni, correlate a ponti termici nei muri portanti. La simulazione confermò che l’umidità interna si accumulava durante le notti fredde, con UR oltre il 65% in zone non ventilate. Questo dato guidò l’intervento mirato.
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